Chiesa San Giovanni di Dio

Il Paese di
Sinopoli


 

Facciata della chiesa


 

Il complesso risulta fondato nel 1740 ed appartenente alla Provincia di Bari. Ciò risponde al vero solo in parte, in quanto la costruzione di un «Sacro Ospedale in Terra di Sinopoli» per i Frati Ospedalieri di S. Giovanni di Dio, fu autorizzata il 29 Giugno 1738 dal Generale Superiore dell'Ordine di S. Giovanni di Dio, Antonio Cozza, per volere del principe di Scilla Guglielmo Ruffo, conte di Sinopoli.

Nel 1808, con le leggi francesi e la conseguente soppressione delle corporazioni religiose, il convento-ospedale venne sequestrato ed i monaci furono allontanati. Per questo stesso motivo la storia di S. Carlo alle Mortelle di Napoli seicentesca fondazione dei Barnabiti si intreccia con la Storia degli Agostiniani  Osservanti della congregazione di S. Giovanni a Carbonara. Questi ultimi ospitati a seguito della soppressione nel convento di S. Carlo alle Morelle, nei primi anni venti dell’8OO ebbero attribuiti, come riscatto, alcuni fondi, di cui uno in Sinopoli Vecchio. Nel 1842, a seguito di una transazione furono trasferiti nell’ cx convento di S. Giovanni di Dio di Sinopoli. Gli Agostiniani decisero di costruire a Sinopoli una nuova chiesa più grande e bella di quella dei Frati Ospedalieri i (che sarà nel susseguirsi delle vicende politiche alternativamente attiva e sotto sequestro, fino al 1908, quando cadrà completamente in rovina a causa del sisma del 28 diccmbre) e nel 1862 chiesero, con esito negativo, fondi alla Cassa Ecclesiastica per completarne la copertura. La chiesa che vediamo oggi, quindi, erroneamente identificata con quella fondata dagli Ospedalieri di S. Giovanni di Dio non fu mai ultimata e quello che si riteneva fosse un rudere, va invece considerato un'opera incompiuta.

Successivamente, con l'unità d'Italia, a causa delle leggi di demanializzazione delle terre e dei beni appartenenti ad enti ecclesiastici, anche questa fase agostiniana volgerà al termine. Il Capitolo Provinciale della Congregazione del 1865, è, infatti, l'ultima testimonianza dell'esistenza della comunità di Sinopoli. Affidato prima al Demanio, poi al Comune, il complesso di S. Giovanni di Dio vivrà i suoi giorni più tristi: utilizzato come deposito materiali, rifugio per briganti, mattatolo ed infine adibito a cimitero, subirà continue offese tino alla metà del nostro secolo, quando cadrà in completo abbandono.

Del complesso, rimane solo la nuova chiesa che gli Agostiniani stavano costruendo. Questa, presa in gestione abusiva da alcuni contadini, diventata un ricovero per animali da cortile, una funzione che l'ha almeno salvaguardata dal completo stato di abbandono, che avrebbe causato ulteriori depauperazioni e furti delle parti decorative.

La facciata, incompleta, realizzata utilizzando materiali lapidei di diverso tipo, si presenta tripartita, con un ordine dorico impostato su un alto basamento. Nel settore centrale, avanzato di circa 70 cm, due coppie di colonne quasi completamente libere dalla parete retrostante fiancheggiano un portale coronato da un timpano curvilineo. Nei settori laterali, dove le colonne si trasformano in paraste, trovano posto - al centro di campiture rettangolari delimitate da sottili cornici - due nicchie centinate, la cui complessa incorniciatura mistilinea sembra derivata da esempi borrominiani, come quelli del palazzo di Propaganda Fide a Roma.

Le nicchie sono impreziosite da motivi decorativi:

conchiglie con elementi floreali sotto il timpano e, in basso, mensole in forma di cherubini .

Sopra l'architrave del portale è collocato uno stemma a rilievo dell'ordine degli Agostiniani, sormontato da una corona a tutto tondo.

 

 

Rilievo di una nicchia della facciata

Sembra possibile supporre che il settore centrale del prospetto dovesse svilupparsi su due livelli ma la totale carenza di documentazione a riguardo ci impedisce di formulare qualunque ipotesi precisa sulla configurazione della parte superiore della facciata.

Nell'insieme, il frammento di facciata in esame si presenta come un'opera ancora in rapporto con la cultura tardo-barocca, realizzata da un architetto vicino, per un verso, a modi di ascendenza vanvitelliana ma, d'altra parte, singolarmente interessato ad aspetti della tradizione decorativa neo-borrominesca.

 

Pianta della chiesa

Lo sviluppo planimetrico della pianta risulta abbastanza singolare: dal prospetto aggetta, di circa cinque metri, il corpo della facciata, diviso in tre ambienti, da quello centrale, l'unico coperto con una volta a botte e con piccole lunette laterali, si sviluppa lo spazio interno a pianta ellittica, che si conclude con un'abside semicircolare.

L'interno è ritmato da raffinate colonne (quasi per metà annegate nella muratura) poggianti su alto basamento, che inquadrano nicchie alternativamente a tutto sesto e ribassate. Sopra queste, cornici a stucco delimitano elegantemente la parete.

Abbastanza strano risulta il fatto che tutto l'interno sia stato rifinito ad intonaco ad eccezione dei capitelli delle colonne, rimasti in laterizio a vista. Le prime due colonne si presentano troncate all' incirca a metà altezza, probabilmente per far posto alla volta, oggi fortemente ribassata, nel corpo di facciata.

 

Veduta assiometrica

Il rilievo diretto della fabbrica è stato realizzato utilizzando per il prospetto principale gli strumenti base, mentre per la pianta si è preferito avvalersi anche di un distanziometro elettronico, capace di misurare le distanze degli interassi delle colonne interne. Si è ottenuta, così, una tabella di valori per le quattordici colonne perimetrali interne.

Trilaterando da ogni coppia di stazioni, si sono ottenute sette piante, che, sovrappost. hanno determinato (prendendo per buoni i punti "più battuti") la "primitiva".

Sono state eseguite varie prove per verificarne la regolarità geometrica:

dapprima disegnando un'ellisse secondo la costruzione dato l’asse minore, quindi dato quello maggiore (determinato prendendo come estremità la doppia distanza che intercorre dal centro della curva chc delimita l’abside al centro dell'ellisse) e successivamente dati i due assi.

Il risultato di quest'ultima ricerca appare quello risolutivo: è infatti il più simile alla ''primitiva". Da tutto ciò emerge che il risultato raggiunto dall'architetto che progettò la chiesa è frutto di un'accurata elaborazione Geometrica, e che la sua preparazione in tal senso doveva essere notevole.

Si è deciso di riversare tutti i dati raccolti in un sistema CAD, così da approfondire il rilievo nelle tre dimensioni, allo scopo di aumentare il numero di informazioni e migliorarne la lettura. Si è elaborato. infine, un progetto virtuale animato, completo dell’ipotesi costruttiva della copertura.

Considerato che tale copertura non poteva appoggiarsi sui muri perimetrali essendo essi privi di aperture, si è supposta un’elevazione che permettesse la presenza di finestre per l'illuminazione dell' interno. L’altczza i minima è stata calcolata in base il raggio di curvatura dell'abside che probabilmente prevedeva una copertura i risolta a catino.

Lo studio della navata ha evidenziato l'esigenza di un controsoffitto (generato dalla rotazione di un angolo piatto della linea perimetrale), all' interno del quale prendono posto delle lunette che, in corrispondenza delle finestre dei muri rialzati, consentono la diffusione della luce.

Su questi sono impostate delle capriate, collocate in asse trasversale tra colonna e colonna, che mantengono un'inclinazione di 20 gradi. Il sistema di copertura è stato disegnato secondo la tradizione locale con travicelli e correntini su cui poggiano coppi e canali. Le scelte sono state effettuate cercando, nel limite del possibile, di rimanere "neutri". Perciò che concerne l'eventuale ordine superiore o timpano in facciata, si è preferito non azzardare alcuna ipotesi, in assenza di riscontri analogici o documentali.

 

 

 

Progetti di una possibile copertura

 

Saggi di scavo eseguiti alla ricerca di tracce del pavimento, non hanno consentito di rinvenire alcun elemento capace di provarne la messa in opera, mentre hanno prodotto una certa quantità di mattoni e spezzoni di tegole che farebbero supporre la realizzazione di una copertura provvisoria.

La forma ellittica della chiesa, rimanda alle piante ovali, che fecero la loro comparsa nel Cinquecento. Questa forma pone problemi tecnici nella fase delicata della copertura. Questa circostanza può aver costituito un ostacolo importante alla diffusione del tipo, poiché costruire una copertura ovale non è un problema di facile risoluzione.

Si tratta probabilmente di uno dei casi più impegnativi che la tecnologia tradizionale abbia affrontato, nel quale, a causa della continua variazione del raggio di curvatura, conoscenze statiche e padronanza geometrico matematica dovevano convivere, anche se, ovviamente, il grado di difficoltà è proporzionale alle dimensioni dell'aula da coprire.

Lo studio delle rocce impiegate nella costruzione della chiesa di Sinopoli ha consentito di individuare, attraverso un'attenta analisi geologica del territorio, la cava dalla quale sono stati estratti i blocchi. La quasi totalità della facciata è costituita da un'arenaria a cemento calcareo. Per i primi due gradini del basamento, invece, come per il portale ed il timpano di ingresso, sono state utilizzate rocce granodioritiche, tipiche del Monte S. Elia, sul versante occidentale dell'Aspromonte, che si estende in questo territorio, dando luogo a importanti affioramenti sul vicino torrente Arena. Le parti che decorano le due nicchie sono state realizzate in calcare chiaro di cui non è stato possibile stabilire la provenienza. Alcuni blocchi lapidei sono costituiti da granito a grana fine, probabilmente proveniente da trovanti rinvenuti sull'alveo dei torrenti sottostanti la città di Sinopoli. Nella parte centrale della facciata sono state inserite, alquanto insolitamente, delle rocce calcaree che mal si adattano agli altri blocchi, sia dal punto di vista estetico che da quello meccanico, in quanto più tenere e attaccabili dagli agenti atmosferici, come dimostra anche la scomparsa del concio in chiave di volta dell'architrave del portate.

 

 

 

Dettagli della chiesa San Giovanni di Dio